DA INSTAGRAM ALL’ANIMA, LA LINEA PERFETTA.

“Ci si può infatuare di un profilo Instagram?” si era chiesta quando si accorse che ogni giorno aspettava ansiosa un post, di quel profilo che fino a poco tempo prima le era sconosciuto, uno tra i tanti.
Non aveva un’orario, arrivava, punto. Lei controllava, aprendo e chiudendo la App, quasi a intervalli regolari, per paura di perdere quel modo di guardare il mondo. Era un mondo fatto di curve dritte e linee perfette. Uno sguardo acuto, curioso, attento al dettaglio, a ciò a cui le persone non fanno caso. Ad ogni post un commento, una citazione in cui trovare un messaggio sottile, velato ma altrettanto diretto.
In particolare la colpì un’immagine. Sembrava una chiave di violino, forse una mensola di design o la decorazione di un portone, ma Rachele aveva deciso che si trattasse di un’onda, lei ci vedeva un’onda.
Andò a leggere curiosa il testo come se già ne conoscesse le parole: 

“Aveva sempre avuto un senso dell’assurdo ben sviluppato - addirittura, direi, una filosofia che ruotava intorno al gusto dell’imperfezione, al sentimento classico del possibile, all’idea che gli dei si trastullino con noi”. Una vita sulle onde. #williamfinnegan #giorniselvaggi #surfinglife #openbookclub #bebookers #moodoftheday

Sussultò come se le avessero letto il diario segreto che  teneva al tempo del liceo, ma con una mano delicata tanto da non sembrare invadente. Prese il libro che stava leggendo perchè come un Tommaso doveva constatare che fossero le stesse parole che quel pomeriggio aveva sottolineato a matita. La piega su quelle pagine rugose e la nota sulla terza di copertina confermò l’ipotesi. Stavano leggendo lo stesso libro, facendosi impressionare dagli stessi pensieri, immaginando lo stesso mare.

Con dedizione ritagliò il tempo per aprire tutti i post, guardare attraverso i suoi occhi e immaginare tramite le sue parole.
La aveva colpita quel nick neutro come un verbo latino. Poteva essere un uomo, una donna, una giovane o un anziano. Non aveva sesso, età, mestiere o forma eppure le si arrossavano le guance ogni volta che apriva quel profilo.

Pensava che non avrebbe più sentito la primavera invadere il suo stomaco, ma improvvisa in una fredda giornata di fine febbraio il sole le attraversò l’anima. Una linea perfetta tra ragione e cuore.

Chi si celava dietro i libri di D.J. Wallace, le pagine di Carver, l’armonioso sempervivum, le corde di una chitarra, le geometrie dei palazzi, la giocosità delle città, le fragilità di chi aveva sofferto, ma credeva nell’amore cercandolo tra i colori accesi della vita e le note acute dei silenzi. Chi poteva cercare la Bellezza con lo stesso punto di vista che avrebbe avuto lei, con la stessa spasmodica ricerca dell’angolatura, la luce e le sue ombre.

Rachele aveva quasi paura a immaginare, a disegnare una fisionomia. Sicuramente una persona curiosa, attenta ma dotata di leggerezza e resilienza pensava.
Di primo acchittò immaginò un uomo. Probabilmente sui quaranta, una vita e una donna alle spalle. Non doveva essere finita bene, non per lui almeno. Un archietto, un designer o un filosofo. Le piaceva immaginare un uomo capace di essere vicino anche a chilometri di distanza, capace di grande passione e tenerezza.
Forse proprio quel romanticismo un pò vintage faceva deviare l’idea sul fatto che fosse una donna. Una lettrice assennata e una vaggiatrice per dedizione. Gioiosa e fresca come la rugiada sui mughetti. Il suo profumo ricercato, ma delicato sulla pelle bianca.
La curiosità era più forte della tenacia. Rachele cercò qualche indizio che ne potesse svelarne l’idendità. Degli occhi azzurri, mani sottili gli unici appigli di foto sfocate e mai in dettaglio.
Aveva inziato a mettere un like a ogni post sperando che si accorgesse di questa sua ammirazione. Ogni tanto tanto un commento, ma con il timore di essere come uno sconosciuto che bussa la porta con la pretesa di entrare ed essere a casa.
Rachele si sentiva ridicola all’idea di aspettare quel post, ma non poteva farne a meno. Decise di scrivergli. Poi abbandonò l’idea, che riprese con la scusa di un augurio formale per una delle tante ricorrenze sul calendario.
Riaprendo Instagram un’icona segnalava un messaggio privato. 
Il cuore iniziò a battere con la foga di chi vuole sapere e la paura di non è sicuro di voler conoscere la verità. Tanto chi stava davanti allo schermo sapeva, almeno virtulamente, sapeva chi fosse, nome e cognome inclusi.
Un click tra loro. Un grosso respiro e… “Auguri anche a te”.
Rachele sospirò sollevata, l’identità non era stata svelata. La sua fantasia poteva continuare a non avere limiti.
Come un “ciao” quotidiano si scambivano like, una sorta di caffè pagato al bar.

E’ noto che la curiosità sia femmina. Genera aspettative e a un certo punto, nonostante l’intelletto suggerisca il contrario, chiede risposte univoce e delinate.
Rachele voleva attaccarsi a una ruga, un’espressione facciale, degli occhi, una smorfia della bocca o il gesto inconsapevole di una mano.
“Vediamoci” scrisse in un giorno di pioggia che l’aveva riporata a un inverno troppo rigido per un cuore che inseguiva il sole. In un pomeriggio in cui cercava la luce.
Nessuna risposta. Rachele si convinse di avere rotto magia con quella richiesta capricciosa.
Una mattina aprile smise di piovere. Era da poco passata l’ora del secondo caffè mattutino, quella in cui di solito suona il postino.
“Domani. Mezzogiorno. Fondazione Feltrinelli. Sarò lì”.
Rachele non rispose.

Contò i passi che la dividevano dall’entrata e dalla tanto ricercata realtà. Di lì a poco avrebbe incontrato lei o lui, non importava. Avrebbero per la prima volta guardato nella stessa direzione. Una linea perfetta tra loro.
Le 11.59.
Rachele sì fermò di scatto sapendo di essere osservata e decisa voltò le spalle all’immenso edificio-acquario.  Fece uno scatto delle pareti di vetro mettendolo on line istantaneamente: 

“Nuda sei semplice come una delle tue mani,
liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente”. #ore12 #pabloneruda #lalineaperfetta

Aspettandoti. Dedicato a te…

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